Il
“basso profondo” indica la qualità di una voce in grado di scendere sotto il
rigo del pentagramma, “le più gravi di tutte le voci, che cantano il basso
sotto il basso stesso” (Jean-Jacques Rousseau, trad. da Dictionnaire de musique, in Collection
complète des oeuvres, VOL. 9,
Genève 1780-1789). Nelle
partiture il termine è stato utilizzato solo a partire dal 1915, quando il
ruolo viene richiesto esplicitamente per la messa in scena di un’opera.
L’arte
del basso profondo è particolarmente curata soprattutto presso i cori
cristiano-ortodossi russi che, secondo un’antichissima tradizione, sono formati
dalle sole voci maschili, cioè i tenori e i bassi; questi ultimi comprendono
gli ottavisti, veri e propri
"contrabbassi umani" in grado di cantare un’ ottava inferiore rispetto
al normale registro di basso e di raggiungere note di una profondità
impressionante, come il LA e il SOL
ultragravi. L’assenza di strumenti musicali nella liturgia russa ha
favorito lo sviluppo di questo tipo di voce, fondamentale per la simulazione
dei suoni più profondi prodotti abitualmente dall’organo. Tra gli ottavisti contemporanei
si possono citare ad esempio Vladimir Miller, solista del coro dello State Academic Capella di San
Pietroburgo e Aleksander Ort, della Cattedrale Vladimir Icon of the Mother of God, una delle chiese più vecchie della
città, il quale sembra sia riuscito a raggiungere il grado più profondo della
voce come il DO ultragrave (tre ottave sotto il do centrale).