lunedì 29 ottobre 2018

PARLIAMO DI GIOVANI, PARLIAMO CON I GIOVANI


Perché i giovani sono a disagio, visto che hanno tutto?
Questa è la domanda centrale, tema del convegno al quale abbiamo partecipato giovedì 18 ottobre 2018 presso il Palazzo di Giustizia di Torino “DISAGIO GIOVANILE DEVIANZA SOCIALE E SCOLASTICA:  LA VOCE DEI RAGAZZI L'INCLUSIONE PER TUTTI”.
Sono intervenuti: la Dott.ssa Stefania Guido, Pedagogista Anpe Piemonte; la Dott.ssa Luisa Piarulli, Pedagogista, esperta in Bioetica e pedagogia del territorio e precedentemente Presidente Anpe Piemonte e Anpe Nazionale; Don Luigi Merola, della Fondazione A VOCE DE CREATURE di Napoli.
Le riflessioni, fatte alla presenza di molti docenti e di un numero considerevole di studenti delle scuole superiori, sono state davvero interessanti ed hanno toccato alcuni nodi essenziali, che presentiamo in sintesi.

Oggi bisognerebbe parlare di disagi, perché sono tanti; a un grado zero il disagio è normale, come ad esempio quello adolescenziale-evolutivo.
Ma può essere anche disagio specifico a livello storico, culturale, educativo ecc.; diventa, cioè, l'effetto di una specifica modalità di costruire un modello sociale: ad esempio una volta si manifestava come un aspetto conflittuale tra adolescente e genitore; questo conflitto era presente fino a 20-30 anni fa ed era un conflitto tra la legge familiare e il desiderio individuale. Era un disagio legato a un senso di rinuncia e insoddisfazione, perché l’adolescente non riusciva a soddisfare il proprio desiderio. Oggi non c'è più un conflitto e quindi non c'è più nemmeno l'apertura al desiderio.
Il disagio odierno è mancanza della mancanza e questo è preoccupante, perché si trasforma molte volte in disadattamento e de-vianza: i giovani hanno tante strade davanti e non sanno quale prendere; oggi, spesso, le agenzie educative hanno uno scarso interesse a questo momento, perché la vita è frenetica e non si ha tempo di accompagnare in questo crocevia l'adolescente, che si trova così solo e percepisce un futuro privo di progettualità.
Dunque, il disagio giovanile è lo specchio di un disagio più generale: i giovani dovrebbero avere dei modelli educativi, dei punti di riferimento, dei sogni. La nostra società è basata sulla delega educativa alla scuola, che recepisce gli indicatori di disagio, come ad es. il bullismo e il cyberbullismo, che sono i più evidenti. Ma quelli più gravi sono quelli più nascosti, come la depressione tra i bambini e il mutismo selettivo. Tuttavia, la scuola non può fare tutto da sola, c'è la necessità di una collaborazione a livello territoriale. Non è più possibile parlare di responsabilità della scuola, della famiglia, ecc.; bisogna parlare di corresponsabilità.
E un esempio concreto è quello portato da don Luigi Merola: la fondazione A VOCE DE CREATURE (la cui sede è “Villa di Bambù”, confiscata alla criminalità organizzata). In napoletano “voce” è il pianto del bambino; per l'adolescente è il silenzio, la criminalità. Don Merola è impegnato nella lotta contro la camorra e nella costruzione per e con i giovani di una realtà alternativa, costituita da attività e progetti di istruzione, educazione finalizzati alla formazione alla cittadinanza attiva ed all’integrazione culturale. Questo deve far riflettere sull’importanza di testimoniare in prima persona che è possibile conciliare legge e desiderio, e con l’impegno e la collaborazione possiamo aiutare i più giovani nel loro processo di crescita. La Montessori parlava del bambino come “padre dell'uomo”: bisogna ricominciare dai bambini, ripristinando la relazione e l'educazione (educare = tirar fuori il talento).

Al Convegno “Disagio giovanile devianza sociale e scolastica:  la voce dei ragazzi l'inclusione per tutti”.

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domenica 21 ottobre 2018

FINALMENTE!


Che cosa si saranno detti Adamo ed Eva quando si sono incontrati per la prima volta? A questa domanda gli studenti delle classi quarte dell’indirizzo Chimico hanno dato risposte diverse ma tutte interessanti. Eccone allora qualcuna:
  • Si sono chiesti: ”E tu chi sei?”.
  • Si sono parlati per conoscersi meglio.
  • Non si sono parlati, perché non esisteva ancora il linguaggio, ma si sono guardati negli occhi.
  • Si sono guardati con curiosità, perché essendo i primi non sapevano come erano fatti.
  • L’uomo, guardando la donna, ha visto se stesso come in uno specchio.
  • Lui è stato contento “perché a quel tempo l’uomo era triste”.

Secondo Gen. 2, 23 l’uomo esclama: “Questa volta essa è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, poiché dall’uomo è stata tolta”. Come dire: ”Finalmente!”
Finalmente due esseri simili, anche nel nome: ISH (uomo) e ISHA (donna).
E’ una frase breve, diversa dal poema d’amore del Cantico dei Cantici in cui lo sposo dichiara alla sua innamorata "Tu mi hai rapito il cuore!", eppure densa di significati.
Gli alunni scoprono certamente che la Bibbia non parla di un solo uomo e di una sola donna (teoria che sarebbe incompatibile con le conoscenze scientifiche apprese a scuola), e che Adamo ed Eva rappresentano la coppia-esempio della prima umanità creata da Dio.

A questo proposito, si consiglia la lettura del Diario di Adamo ed Eva di Mark Twain, un racconto in cui humor e poesia si intrecciano e nel quale i due protagonisti descrivono, ciascuno dal proprio punto di vista, l’incontro con l’altro. Così, per esempio dichiara Adamo: “Questa nuova creatura dai capelli lunghi mi sta sempre intorno” e “ La nuova creatura mangia troppa frutta. Andremo presto in rovina, probabilmente”.

Nella foto di oggi, Adamo ed Eva con l’uva invece della mela tradizionalmente utilizzata dagli artisti: il capitello si trova all’interno della Basilica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, in Borgogna, terra di vigneti. Il sito è classificato Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO.  

Adamo ed Eva, Basilica di santa Maria Maddalena, Vézelay

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lunedì 8 ottobre 2018

SAN FRANCESCO D’ASSISI OGGI


Il 4 ottobre di ogni anno si ricorda il Santo patrono d’Italia. Qual è il messaggio che lascia oggi il poverello di Assisi?

"Povertà", "obbedienza" e "castità" sono i tre punti essenziali della vita di Francesco e dei suoi discepoli. Francesco iniziò a vivere la propria vocazione insieme a dei compagni che volevano imitare il suo esempio. Secondo la regola dettata da Francesco, la vita comunitaria deve cercare di conformarsi a questi principi:

-Fraternità: i frati non devono vivere soli, ma devono prendersi cura dei propri fratelli (e in generale di tutti) con amore e dedizione. La stessa cura si estende incondizionatamente non solo alle creature umane, ma a tutto il creato in quanto opera di Dio e dunque sacro, vivendo in questo modo la fraternità universale.

-Umiltà: porsi al di sotto di tutto e di tutti, al servizio dell'ultimo per essere davvero al servizio di Dio, liberarsi dai desideri terreni che allontanano l'uomo dal bene e dalla giustizia.

-Povertà: rinuncia a possedere qualsiasi bene condividendo tutto ciò che ci è dato con tutti i fratelli, partendo dai più bisognosi.

Francesco viveva in una cristianità, in un mondo duro, tutto era cristiano, dalla politica, alla filosofia, all’arte e all’economia. Oggi con il “processo di secolarizzazione”, e da qui la Modernità, il singolo individuo si definisce cristiano, però vive in una società civile, economica e politica non più permeata dalla dottrina cristiana. I cristiani oggi come allora devono essere “il sale della terra”. Ma la terra è piena di crimini, di orrori e dominata dall’ingiustizia e dall’indifferenza, guidata più dall’Io che da Dio, dall’Avere al posto dell’Essere.
Allora sì che Francesco d’Assisi insegna a tutti che un mondo migliore è possibile con il suo esempio di amore verso “tutte le creature”.

San Francesco d'Assisi - Statua
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