E’
la storia di Vincenzo Martino Bruno, nato a Tonengo di Mazzè nel 1810; entrato
nella Congregazione degli Oblati di Maria Vergine della Consolata di Torino, nel
luglio del 1839 parte come missionario per l’India e la Birmania, dove arriverà
dopo un lungo viaggio, mesi di navigazione, cammino e spostamenti con mezzi di
fortuna. Bruno è dotato di una fede profonda (“Fiat voluntas Dei”, ripete spesso), ma anche di uno spirito acuto,
che gli permette di osservare i luoghi e le culture che di volta in volta
incontra: diverse le abitudini, il cibo, i riti. Ecco, ad esempio, cosa dice di
Bombay: “Molte carrozze circolano per la
città, più numerose che a Torino ma non così belle. Si vede un numero
sterminato di carrette tirate da buoi e di palanchini (specie di sedia
portatile) sostenuti da quattro uomini. Tutti questi mezzi sono a disposizione
di chi vuole passeggiare o recarsi da un punto all’altro della città. Se si
contano i sobborghi, ha un’estensione di più di dieci miglia, essa è popolatissima,
più di Torino, si pensa abbia più di duecentocinquantamila abitanti. In quanto
al parlare, al vestire e alla religione è una vera babele”.
Differente
anche il clima, che gli darà seri problemi di salute. Il racconto
dell’esperienza in oriente è accompagnato da notizie di carattere storico e valutazioni
sulla situazione dei missionari, lontani gli uni dagli altri e spesso lasciati
soli.
Questi "appunti di vita e di viaggio" sono il risultato di un attento lavoro di ricostruzione durato sei anni:
Antonella Turletti, docente di italiano e storia nel nostro Istituto, e suo
cugino Giuseppe Bruno, entrambi discendenti del missionario, hanno vagliato 200
lettere, frutto di una fitta corrispondenza, unico mezzo di collegamento con i
compagni di missione e con la terra delle origini.
Il
libro sarà presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino il 19 maggio
2017 alle ore 19 presso la Sala Avorio.